Il protagonista è una figura apparentemente fredda e senza emozioni, impassibile al mondo circostante, il suo tempo è scandito da una routine dai tratti maniacali ed ossessivi, una sigaretta dietro l’altra seduto al tavolino del bar, in silenzio ad osservare la barista, Silvia (Olivia Magnani), di cui si innamora. L’attrazione per la ragazza lo condurrà ad esporsi e a sottovalutare “le conseguenze dell’amore” portandolo ad una tragica fine.
Il film riprende alcuni aspetti che meritano di essere evidenziati: le ambientazioni sono molto curate, scelte con particolare attenzione, nello sfondo vi è la Svizzera, un paese che nell’immaginario collettivo è sinonimo di neutralità, precisione e riservatezza. Si tratta di caratteristiche che si collegano al sistema bancario, al quale spesso si indirizzano organizzazioni mafiose per il riciclaggio del denaro sporco.
Tale osservazione viene sottolineata anche dal regista (Paolo Sorretino) in un’intervista di Barbara Corsi: «La Svizzera ha un'entità fluida poco riconoscibile... Tutto accade in interni, dall'esterno non si vede nulla. In Svizzera trovi banche ad ogni angolo di strada, ma dentro non c'è la gente in coda come da noi: c'è il vuoto, il silenzio totale, una sola persona allo sportello».
Inoltre, il film si svolge quasi interamente in un albergo, un non-luogo, per riprendere la definizione di Marc Augé, uno spazio di transito in cui le persone si incrociano senza entrare in relazione, si è socializzati, identificati e localizzati solo in occasione dell'entrata o dell'uscita dal non-luogo, per il resto del tempo si è soli e simili a tutti gli altri clienti che si ritrovano a recitare una parte che implica il rispetto delle regole (Cfr. M. Augé, Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleuthera, Milano 2005). L’albergo è quindi ideale per mantenere la copertura del personaggio di Servillo, poiché gli offre un contorno sempre diverso che gli garantisce l'anonimato. Le conseguenze dell'amore è un film difficilmente inseribile in una categoria precisa, perché tocca molti temi in modo non banale, eccezione fatta per la rappresentazione forse un po' troppo stereotipata della mafia. Un film poco parlato ma scorrevole, grazie ad inquadrature ben studiate, che vanno quasi a sostituire i dialoghi, e all'ottima fotografia di Luca Bigazzi. Vale la pena ricordare, in particolare, la scena del bluff in banca portata a termine con grande maestria dall'attore Toni Servillo e il triste epilogo nella cava. Infine, l’uscita di scena senza dire una parola esalta il coraggio del protagonista e ricorda che “non bisogna mai smettere di avere fiducia negli uomini, il giorno che accadrà sarà un giorno sbagliato”.