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Recensione libro IL TIPO CRIMINALE

Scritto da  Barbara Langé
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Copertina del libro Il Tipo Criminale Copertina del libro Il Tipo Criminale

GABRIEL TARDE (A CURA DI) SABINA CURTI
OMBRE CORTE, VERONA 2010

"Di fronte a un uomo che presenta nel fisico il tipo criminale ben caratterizzato, possiamo dire che questo è sufficiente per avere il diritto di imputargli un grave crimine commesso nelle sue vicinanze? Nessun antropologo serio si è mai permesso di dire una simile stupidaggine" (p.42).

Il tipo criminale si configura come una requisitoria, diretta e pungente, a L’Uomo delinquente (1876) di Cesare Lombroso. Si tratta di un lungo articolo scritto nel 1884, pubblicato per la prima volta sulla “Revue philosophique” nel 1885 e successivamente inserito, dopo alcune revisioni e aggiunte, nel volume La criminalité comparée (1886) che fu il primo lavoro in ambito criminologico di Gabriel Tarde.

 

L’edizione di Ombre Corte, a cura di Sabina Curti, è la prima traduzione italiana dell’opera di Tarde; nel nostro paese, infatti, l’autore è conosciuto principalmente per il suo confronto con Émile Durkheim. Il testo è stato scritto alla fine dell’Ottocento, ma in questa edizione è reso con un linguaggio attuale; probabilmente questo esprime un particolare intento del traduttore relativo alla fruibilità contemporanea del testo, fruibilità che viene spiegata dalla curatrice nell’introduzione quando indica i motivi per cui vale la pena leggere e riscoprire questo capitolo di storia della criminologia. I motivi sono tre: il primo è di ordine storico, ovvero mettere a disposizione del lettore italiano una delle critiche più originali alla teoria lombrosiana in modo da comprendere l’esprit du temps circa i limiti del positivismo penale e della nascente criminologia; il secondo è di ordine epistemologico, inquadrando e criticando i punti fondamentali della teoria dell’atavismo di Lombroso, Tarde fa il punto sui pro e i contro dell’applicazione del metodo scientifico-sperimentale al campo della criminalità; e, infine, il terzo è di ordine politico-sociale perché il saggio di Tarde può far riflettere criticamente sul rapporto tra ricerca criminologica e politiche penali.

 

In questo saggio Tarde propone, in opposizione alla teoria del delinquente-nato presentata da Lombroso − che in linea con il pensiero positivista dominante all’epoca identificava in una causa biologica, costituzionale ed ereditaria la natura del comportamento criminale, − la “teoria della criminalità professionale” secondo la quale il delinquente sarebbe l’uomo moderno prodotto della società. “Se Lombroso, mettendosi da questo punto di vista, avesse pensato che il suo tipo criminale, dopo tutto, non è che un tipo professionale di una specie particolare e particolarmente antica, forse avrebbe meno spesso opposto il suo uomo delinquente all’uomo normale, come se i caratteri fisici distinti del primo rappresentassero un fenomeno a parte in seno all’umanità onesta, supposta omogenea” (p. 73).

La critica di Tarde alla teoria del delinquente-nato si articola in alcuni punti precisi che poggiano tutti su una differenza fondamentale, quella tra criminali e non criminali. Primo, Tarde mette in discussione i metodi e i risultati con cui Lombroso arriva a sostenere tale differenza su base anatomica. Secondo, obietta l’introduzione del tema della follia accanto alla tesi atavistica ritenendole in contraddizione e considerando, piuttosto, il folle l’uomo moderno prodotto della nostra società. Terzo Tarde ritiene, a differenza di Lombroso, che le associazioni di criminali somiglino di più a delle vere e proprie “industrie criminali” anziché alle tribù di selvaggi. (cfr. pp. 17-19).

Come viene sottolineato nell’introduzione, pur non essendo stato in grado di dare sistematicità epistemologica alle proprie intuizioni, Tarde ha indubbiamente il merito di aver tracciato le origini della sociologia criminale e di aver messo in evidenza, già all’epoca, un tema di grande attualità: il rapporto tra ricerca criminologica e politiche penali. Lombroso e la Scuola di Antropologia criminale, infatti, non produssero solo dati ma suggerirono una sorta di “terapia criminale” finalizzando i loro studi alla produzione di tecniche di pianificazione e razionalizzazione della società (cfr. S. Curti, Introduzione, p. 27 e anche M. Gibson, Nati per il crimine, p. 4 ).

Il saggio offre infine l’occasione per riflettere sugli attuali sviluppi delle neuroscienze e sulle loro implicazioni, tanto in ambito giuridico quanto in quello sociale. La teoria criminologica di Lombroso prosegue oggi nel processo scientifico delle neuroscienze, portando avanti due problemi generali ancora attuali: (1) la natura del comportamento degli esseri umani; (2) il rapporto fra i dubbi degli individui e quelli della società nell’applicazione dei progressi della scienza sperimentale alla vita sociale.

Malgrado il fatto che le “frenologie” di Franz Joseph Gall e di Lombroso, dopo aver inizialmente contribuito, almeno in parte, all’avvento del nazismo e dell’eugenetica, siano state rigettate come pseudoscienze, l’idea che vi sia una corrispondenza fra funzioni cerebrali e comportamento è ancora un punto fermo nella strategia delle neuroscienze (M. Costa, Lombroso e le neuroscienze, in S. Montaldo, P. Tappero, Cesare Lombroso cento anni dopo, Utet, Torino 2009, p. 361) ed è proprio per questo motivo che una lettura approfondita de Il tipo criminale risulta consigliata non solo come capitolo storico fondamentale del dibattito criminologico italo-francese ma in quanto estremamente attuale.

 

Per approfondimenti:

R. Bisi, Gabriel Tarde e la questione criminale, Franco Angeli, Milano 2001.

M. Gibson, Nati per il crimine, Bruno Mondadori, Milano 2004.

S. Montaldo, P. Tappero, Cesare Lombroso cento anni dopo, Utet, Torino 2009.

L. de Cataldo Neuburger, La prova scientifica nel processo penale, Cedam, Padova 2007.

S. Dazzi, F. Madeddu, Devianza e antisocialità, Raffaello Cortina Editore, Milano 2009.

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